Elsa Mezzano

Non fidatevi delle donne schive. Sotto apparenze di tranquillità, gentilezza e perfino innocente candore, nascondono talvolta uno spirito acuto come un acciaio tagliente e uno sguardo capace di incidere in profondo oltre la superficie della realtà. Facendomi il ritratto, Elsa Mezzano mi ha levato la pelle. Sono io, esposta dal suo sguardo molto più di quanto forse mi piacerebbe, eppure non mi posso non piacere: perché la verità dell'espressione colta e fissata da Elsa in un attimo in cui abbassavo la guardia è dura, sì, ma scorre limpidamente tra i margini imposti da una necessità formale che rende la verità un dettaglio soltanto nella composizione dell’immagine.  Se sono io, con tutta quella forza e rabbia e determinazione compressa che, è proprio vero, mi caratterizza ma di solito pochi se ne accorgono, a questo punto non ha più importanza.

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Elsa Mezzano, o della trascendenza

Scorrendo le recensioni di importanti rassegne fotografiche si trovano titoli che intendono porre in evidenza le caratteristiche degli autori quali “Cronista girovaga” “Magia del consueto” “Obiettivo che fruga” “Obiettivo psicologico”; e così via incensando si inanellano termini che spesso non trovano poi riscontro nelle immagini in mostra. Per la quarantina di opere che Elsa Mezzano espone alla Galleria “Studio Arte 71”, a Palermo, il titolo “La vita” spiega invece bene quanto l’autrice riesce a liberare dai volti fotografati. “Liberare”, perché gli scatti della sua Nikon hanno la cadenza dei ritmi del cuore. Per dire, che è col cuore che la Mezzano si confronta, in una sorda lotta vincente all’interno di quella frazione infinitesimale di tempo che vive prima dell’inesorabile clic della macchina.

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Ritratti fotografici di Elsa Mezzano

Nella creazione di una scultura o di un dipinto il rapporto tra 1’artista e la materia dell’opera è diretto. Nella creazione di una fotografia artistica il rapporto è mediato da uno strumento meccanico che, se da un lato esalta i profili dei soggetti e decanta le tonalità della luce e delle ombre, dall’altro sembrerebbe raffreddare la partecipazione dell’artista alla gestazione della sua opera.

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Fotografando

I ritratti di Elsa Mezzano sono sbuffi di fumo che, precipitati, si cristallizzano in immagini. La grana porosa delle sue foto in bianco e nero rimanda ad atmosfere rarefatte, ad ambienti ancora odoranti di sigarette, sigari o pipe, a laboratori impregnati di acidi.

Sacello di un’illusione, urna bidimensionale delle ombre che attraversano il mondo, una foto credo che sia una delle “cose” artistiche più difficili da interpretare. Non tanto per ciò che rappresenta visivamente ma per la sua valenza psicologica.

Occhio interiore più che fisico dell’artista, una foto è un tassello di più vite, un crocicchio dove si incontrano e dividono più strade. E’ la sovrapposizione del tempo e dell’esistere.

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Nella memoria del tempo

L’immagine, catturata al volo, presto potrebbe diventare uno spazio senza margini che col tempo si trasforma in polvere di ricordi sparsa sulla carta.
Elsa Mezzano è in grado di far tramutare l’immagine, scelta con cura e pazienza, in una impressione fissa nella memoria del tempo. I volti si mutano in storie millenarie raccontate con le linee e i giochi bizzarri di luci ed ombre. Lei è capace di arrestare lo sguardo, lo fa suo, lo rende più profondo e lo abbandona nell’aria come una colomba spaventata.

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Prima che lo stampo si spezzi

Ho sempre avuto molto cara una pagina del 1945, stralciata dal malinconico racconto “Il ritratto di Melusina”, il primo della raccolta di novelle L’amata alla finestra di Corrado Alvaro. Essa, riferendo d’un ritratto di donna, dichiara come possa stabilirsi un’arcaica forma di imperscrutabile “solidarietà carnale”. Lo scrittore, raccontando della società femminile d’Aspromonte, ricorda con vibrata lucidità: “So che molte donne della mia gente non si sono fatte mai ritrarre; basta presentarsi in una delle nostre strade con una macchina da fotografia perché tutte le donne volgano il capo dalla parte del muro; io ho un solo ritratto di mia madre, quando andò sposa, ed è tutta spaventata di trovarsi davanti all’obiettivo una volta nella sua vita, accanto allo sposo in piedi in atto di proteggerla”. La gestualità raccolta da questa descrizione suggerisce, nella sua pienezza, molto del valore antropologico e psicologico del ritrarre.

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Sguardi sulla soglia

Una imprendibile vaghezza si coglie nella passerella di ritratti di Elsa Mezzano. L’espressione, è ripresa dal Vasari, mentre descrive un’Adorazione dei Magi di Rosso Fiorentino, a proposito del carattere che deve avere un’opera d’arte. Nel senso, aggiungo, che la verità del personaggio o della scena, mai completamente rivelata, deve rimanere avvolta in una sorta di inafferrabile mistero. Penso che 1’espressione ben s’attagli ai ritratti di Elsa Mezzano, in riferimento ad una metafisica assenza che fondamentalmente intesse i segni della loro innegabile presenza. L’ossimoro mi serve per supportare la posizione di bilico, tra presenza e assenza, appunto, nella quale vivono, ma anche la suggestione della rarefazione dei termini che si coglie, allo stesso modo, nella sfibratura di taluni paesaggi o di talune scene e che è spesso 1’elemento attraverso il quale si rivela la vita nella sua messa in immagine. E’ in fondo 1’inesprimibile che si avverte nei silenzi, vuoi nella pensosa espressività di alcuni ritrat¬ti, vuoi nella fugacità di un presente nel quale è bloccata la storia.

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